nel giardino dei sentieri che si biforcano

gli arcani dei tarocchi sono sono chiavi di lettura, molteplici percorsi che puoi seguire per attraversare un intreccio di diverse opere poetiche


Voci del tubo (catodico)

Dall’etra gassoso — stazioni emittenti
diffondono farse — tivù per dementi
bifolchi prognati — di servo stupor:
le voci del catodo — arrivan suadenti
dissolvono dubbi — allevian le menti
promettono fama — ricchezza ed amor!

Psichiatri bavosi — scrittori indecenti
contorni di false — faccine ridenti
beoti beati — di gloria e clamor
inviati speciali — giullari serventi
di poco onorevoli — ricchi e potenti
baldracche rifatte — di falso turgor;

ministri di culto — esperti d’occulto
politici e ladri — in cerca d’indulto
fan gara a portare — il livello più giù;
la legge del catodo — esige l’insulto
la zuffa lo schiaffo — la mischia il tumulto:
con questi ingredienti — l’ascolto va su!

Il volgo è sereno — nel gran bel paese
lo Stato profonde — e non bada a spese
stan tutti nel giuoco — finché può durar;
ma v’è chi s’indigna — e quindi s’appresta
a chiudere il giuoco — a spegner la festa
e furbi e ladroni — a sì castigar!

Un volgo disperso — repente si desta
intende l’orecchio — solleva la testa
dai catodi invasi — da insulsi talk show
percosso da novo — e crescente romor!

È chiaro il sistema — tangenti e mazzette
gli appalti una torta — divisa per fette
« Lo scandalo è ora — che debba finir! »
è il grido di guerra — di ogni procura
qui non si indietreggia — qui non si ha paura
chiunque ha sbagliato — si deve punir!

Dai guardi dubbiosi — dai pavidi volti
qual raggio di sole — da nuvoli folti
traluce de’ padri — la fiera virtù:
ne’ guardi ne’ volti — confuso ed incerto
si mesce e discorda — lo spregio sofferto
col misero orgoglio — d’un tempo che fu.

S’aduna voglioso — si sperde tremante
per torti sentieri — con passo vagante
fra tema e desire — s’avanza e ristà;
e adocchia e rimira — scorata e confusa
de’ crudi signori — la turba diffusa
che fugge le toghe — che sosta non ha.

Ansanti li vede — quai trepide fere
lucenti per tema — le calve criniere
le patrie galere — d’Italia stipar;
e quivi deposta — l’usata minaccia
la stolta superbia — la pubblica faccia
i complici ansiosi — ansiosi guatar.

Un volgo disperso — repente si desta
intende l’orecchio — solleva la testa
dai catodi invasi — da insulsi talk show
percosso da novo — e crescente romor!

E sopra i gementi — con avido brando
quai cani disciolti — correndo frugando
da ritta da manca — guerrieri venir:
li vede e rapito — d’ignoto contento
con l’agile speme — precorre l’evento
e sogna la fine — del duro servir.

Udite! Quei forti — che tengono il campo
che ai vostri tiranni — precludon lo scampo
son veri italioti — del piano padan:
sospeser le gioie — d’uffici lucrosi
assursero in fretta — dai campi operosi
chiamati repente — da squillo guerrier.

A torme di terra — passarono in terra
cantando giulive — canzoni di guerra
ma i ricchi opifici — pensando nel cor:
han carca la fronte — di torvi pensieri
han teso coccarde — sui loro destrieri
fur tutti a Pontida — che cupa tuonò.

E già ’l volgo sogna — ‘l suo novo futuro
è forte quel duce — che dice l’ha duro
il suo brando levato — che tregua non dà;
promette a quel volgo — riscatto sicuro
i rei dello scempio — saran messi al muro
chi ha troppo dato — il maltolto riavrà.

Un volgo disperso — repente si desta
intende l’orecchio — solleva la testa
dai catodi invasi — da insulsi talk show
percosso da novo — e crescente romor!


Novanta più quattro — è l’anno mondiale:
un grido percorre — l’intero stivale
a unire ogni cuore — ne’ patri color:
e già “Forza Italia!” — è l’inno stranito
che il furbo politico — ha messo a partito
chiamando a dar voto — ai moti del cuor.

« Dell’Utri mafioso! » — Santoro fazioso
con Biagi e Luttazzi — è messo a riposo
l’Editto di Sofia — fa purga in tivù:
un solo padrone — controlla i mass media
danaro e potere — concentrano invidia
sull’uomo che aspira — a salire più su.

Poi uguale sinistra — avvicenda la destra
la danza non cambia — la stessa minestra
gli antichi costumi — son duri a morir:
riapron le porte — ai vecchi dannati
son santi son martiri — perseguitati
che iniqua giustizia — volle colpir!

« Le toghe brandiscono — falci e martelli! »
si sguainano spade — s’incoccan quadrelli
schierate le parti — son pronte a pugnar:
si vedon le lance — calate sui petti
a canto agli scudi — rasente agli elmetti
si senton le frecce — fischiando volar.

« In Mediaset virtus » — « Fininvest insana »
lo scontro si alza — la gente si sbrana
prevalgon l’ingiuria — il colpo sleal:
ma è tutta una scena — pel popol balordo
di sotto’l baccano — v’è’l tacito accordo
di fare attenzione — a non farsi del mal.

E il premio sperato — promesso dai forti
sarebbe o delusi — rivolger le sorti
d’un volgo disperso — por fine al dolor?
Tornate alla vostra — tivù spazzatura
alle opere soap — alla falsa cultura
bifolchi prognati — di servo stupor!

Il forte si mesce — col vinto nemico
col novo signore — rimane l’antico
l’un popolo e l’altro — sul collo vi sta
dividono i servi — dividon gli armenti
si posano insieme — sui campi cruenti
d’un volgo disperso — che nome non ha.

Il volgo disperso — ritorna alla siesta
distoglie l’orecchio — reclina la testa
ai catodi invasi — da insulsi talk show
colpito da novo — e crescente torpor!


Dall’etra gassoso — stazioni emittenti
diffondono farse — tivù per dementi
bifolchi prognati — di servo stupor:
le voci del catodo — arrivan suadenti
dissolvono dubbi — allevian le menti
promettono fama — ricchezza ed amor!

Ministri di culto — esperti d’occulto
politici e ladri — in cerca d’indulto
fan gara a portare — il livello più giù;
la legge del catodo — esige l’insulto
la zuffa lo schiaffo — la mischia il tumulto:
con questi ingredienti — l’ascolto va su!

Psichiatri bavosi — scrittori indecenti
contorni di false — faccine ridenti
beoti beati — di gloria e clamor
inviati speciali — giullari serventi
di poco onorevoli — ricchi e potenti
baldracche rifatte — di falso turgor;

è tutto perduto — perfino il pudor.